La memoria del criceto by Sergio Rizzo

La memoria del criceto by Sergio Rizzo

autore:Sergio Rizzo [Rizzo, Sergio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2019-07-31T22:00:00+00:00


I furbetti del cedolino

Il colpo di scure arrivò anche sulle Regioni. Bisogna dire che quelle ce l’avevano messa proprio tutta per provocare la mazzata. I consigli regionali spendevano e spandevano, con una disinvoltura scioccante. In rapporto all’impegno, per la verità quasi ovunque relativamente modesto, gli stipendi degli eletti erano astronomici. I vitalizi prosciugavano 200 milioni l’anno, potendosi per giunta sommare senza alcun limite a quelli della Camera, del Senato e del Parlamento europeo: oltre che alle pensioni ordinarie regalate ai consiglieri dai contribuenti con il sistema dei contributi figurativi. I numeri dei dipendenti, allucinanti. I costi fissi, sconcertanti.

Calcolai con l’aiuto dell’allora presidente dell’Assemblea regionale dell’Emilia Romagna Matteo Richetti che se tutti i consigli regionali si fossero adeguati alla spesa delle Regioni più virtuose, come appunto l’Emilia-Romagna o la Lombardia, l’Erario avrebbe risparmiato 628 milioni l’anno. Era solo questione di tempo, e il tempo alla fine giunse. Si materializzò attraverso la sagoma corpulenta di tal Franco Fiorito, genialmente ribattezzato da Francesco Merlo su “Repubblica”: il “Batman di Anagni”. Missino in gioventù, costui aveva cominciato la carriera politica il 30 aprile 1993 lanciando monetine davanti all’Hotel Raphaël a Bettino Craxi, il segretario socialista all’epoca sodale di Silvio Berlusconi, per concluderla vent’anni dopo da consigliere regionale del partito di Berlusconi beccato a usare i soldi di Forza Italia come cassa personale. Nell’occasione furono anche sfortunate, le Regioni. L’Italia si teneva faticosamente in equilibrio sul vortice della crisi finanziaria e a Palazzo Chigi c’era un certo Mario Monti, al quale non sembrò vero di poter affondare il colpo. La botta venne inferta ai fondi pubblici destinati ai gruppi politici nei consigli regionali, che ingoiavano allora 95 milioni l’anno, e lo scandalo del Lazio fece saltare il coperchio a un enorme pentolone di schifezze, con circa 500 eletti finiti repentinamente sotto inchiesta. Ma prima ancora venne stabilito per decreto un tetto massimo alle retribuzioni, comprensivo di rimborsi e diarie. Un taglio del 20 per cento che, visto il momento, sembrava perfino troppo lieve: ma più pesante non l’avrebbero digerito e in Parlamento sarebbe saltato tutto. Dunque, meglio che niente. Quello che contava era soprattutto il segnale. Monti non aveva però fatto i conti con la creatività dei politici, che se fosse da loro applicata al servizio dell’interesse pubblico anziché di quello privato staremmo di sicuro tutti molto meglio.

Dal sito dei parlamenti regionali, che fino a quel momento aveva documentato con trasparenza encomiabile l’evoluzione delle indennità e dei benefit garantiti ai politici locali, senza omettere alcunché, i dati sparirono in un baleno. La giustificazione? Le competenze dei consiglieri regionali erano state tutte allineate per decreto sotto il tetto massimo di 11.100 euro lordi mensili: dunque non aveva senso riportare cifre apparentemente tutte uguali.

Peccato davvero. Perché se avessero invece continuato a pubblicare le cifre con la consueta precedente dovizia di particolari non avremmo dovuto aspettare quattro anni, leggendo il saggio Status quo dell’economista Roberto Perotti, per scoprire che in ben nove regioni i furbetti del cedolino si erano messi subito all’opera. E, grazie a un funambolismo, il tetto fissato da Monti aveva fatto addirittura lievitare il netto in busta paga.



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